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Fabrizio Dadò da Fabrizio Dadò
il agosto 03, 2021

La catena effetti per chitarra elettrica: capirla e organizzarla al meglio


Da due pedali a dieci, la regola è la stessa: keep it simple!


In questo articolo ci dedichiamo ai pedali effetto per chitarra elettrica e a come posizionarli in una pedaliera. L’articolo è adattabile anche al basso.

Ci occupiamo in modo succinto e comprensibile di effetti a pedale (anche detti stompbox) e pedaliere (pedalboard) per chitarra elettrica, dando per scontato che chi legge conosca già le differenze tra i vari effetti a pedale disponibili per i chitarristi e i bassisti.

Mettiamo a fuoco alcune cose semplici e fondamentali.

Per facilitarne la gestione, mi piace suddividere gli effetti, inclusi quelli a pedale, in tre grandi gruppi: dinamici, estetici, ambienti/ritardi.

  • Dinamici
    Come dice il nome, sono quelli che hanno a che fare con la dinamica di segnale, anche se riferita a porzioni del range di frequenze interessato, influendo su equalizzazione, volume, guadagno, distorsione, compressione, etc.

  • Estetici
    Sono quelli che aggiungono una modulazione al nostro sound, quindi chorus, phaser, flanger, tremolo, vibrato, rotary, etc. Gli envelope follower, gli auto-wah e simili si possono considerare una via di mezzo tra dinamici ed estetici secondo i tipi.

  • Ambienti/ritardi
    Sono gli effetti che hanno a che vedere con la riflessione e la ripetizione del suono, lunga o corta che sia, dal riverbero più stretto a un lungo delay, con o senza modulazione delle code di segnale.

L’ordine in cui sono state elencate le su descritte tipologie di effetti rappresenta già un possibile suggerimento per la disposizione degli stessi nella nostra catena di segnale. Partiremo quindi con gli effetti dinamici, proseguiremo con quelli estetici e chiuderemo la nostra pedaliera con ambienti e ritardi. In realtà questi ultimi, in diversi casi, possono essere posizionati, ad esempio, prima di alcune modulazioni, o in parallelo ad esse.

Distorsore, Chorus e Delay: in quale ordine?

Immaginiamo di disporre di un terzetto classico di pedali: un distorsore, un chorus e un delay analogico o digitale secondo gusti e necessità. Il gioco in questo caso è presto fatto; l’ordine di successione più corretto è proprio quello indicato:

  • distorsore ► chorus ► delay


Tuttavia, potrebbe essere molto interessante, e in diversi casi consigliabile, posporre il chorus al delay. Una situazione del genere descritto è gestibile anche senza pedaliera e senza alimentatore, semplicemente collegando i tre pedali con la loro batteria interna da 9 Volt uno dopo l’altro.

Supponiamo di voler aggiungere un wah-wah o un pedale volume: la posizione più consona è, per entrambi, prima del distorsore. Tuttavia, se provate a usare un wah dopo il distorsore noterete che la sonorità cambia, risultando più dolce e controllabile.

Alimentazione effetti: pila o alimentatore esterno?

Bene, fin qui potremmo non aver bisogno di pedaliere. Il fatto di usare batterie da 9V inoltre ci evita i problemi di rumore potenzialmente legati a un’alimentazione esterna. Ci porteremo dietro i nostri 3-4 pedali e magari collegheremo solo quelli che servono a seconda della situazione. Se però non abbiamo intenzione di controllare ogni volta lo stato delle batterie, oppure se il delay è digitale e complesso, e consuma la sua pila rapidamente, sentiremo il bisogno di un alimentatore esterno.

Siamo ancora nella possibilità di non montare i pedali in una pedaliera, ma semplicemente di dotarci di un congruo alimentatore esterno e munirlo di un cavetto di alimentazione cosiddetto a catenella o a margherita o daisy chain per gli anglofili. Questo porterà la corrente ai nostri 3-4 pedali e sarà sufficiente finché si resta in un ragionevole range di consumo totale di corrente, diciamo ad esempio intorno a 1 Ampère.



Pedali effetti: come calcolo il fabbisogno energetico?

Per calcolare la corrente di cui abbiamo bisogno, basta sommare i valori di assorbimento, espressi in milliAmpère (1 Ampère = 1000 milliAmpère o mA), e scegliere un alimentatore capace di fornire una corrente uguale o, meglio, superiore di un 10% o più al fabbisogno calcolato.

Conti a parte, come ci accorgiamo che i nostri pedali stanno ottenendo dalla batteria o dall’alimentatore meno corrente di quanta ne chiedono? Tecnicamente, misurando le batterie con un tester prima della performance; banalmente, dal calare della luminosità delle spie; concretamente, dalla qualità del suono che si degrada. L’indicazione più evidente di solito è una scarsa risposta al tocco, una distorsione piatta, un delay confuso. Devo a questo punto ricordare un fatto fondamentale riferito ai pedali vintage

Il suono della pila: Zinco-Carbone vs Alcalina

Uno degli elementi più importanti del suono dei pedali, udibile alle orecchie più sensibili e allenate, è l’alimentazione a pila zinco-carbone, la più vecchia, visto che la sua ideazione risale alla fine del XIX Sec. È ricca di difetti e variabili dell’efficienza legati (non solo) all’inevitabile calo di tensione tra i due poli nel tempo. Tuttavia certe sonorità assai care ai chitarristi sono dovute proprio all’uso di pile zinco-carbone da 9V, tant’è vero che esistono famosi musicisti (Eric Johnson in testa) che ne privilegiano l’uso, e costruttori di alimentatori esterni che sono in realtà assemblaggi di batterie.

Una certa morbidezza dinamica e timbrica, una certa velatura di frequenze che hanno fatto storia nei vecchi dischi rock, spesso non sono altro che il segno di una pila zinco-carbone al lavoro, magari un po’ scarica e sotto stress. Quindi, la risorsa alimentatore esterno non è necessariamente la più valida timbricamente, anche se assai pratica.

Se usiamo solo un compressore, un overdrive e un delay, ad esempio, non dobbiamo temere di usare una pila zinco-carbone per il primo e il secondo, e un’alcalina per il terzo. Ricordiamoci sempre che al contrario della zinco-carbone, la batteria alcalina garantisce una tensione costante nel tempo fino al totale e, il più delle volte, improvviso esaurimento.

Pedaliere a tutta… GAS

Conosco molti chitarristi, soprattutto della vecchia scuola, che amano andare in giro con la loro borsa o valigetta di pedali, batterie e/o alimentatore, usando di volta in volta quel che serve. Ma da almeno un decennio a questa parte si è diffusa l’esigenza, a volte più edonistica che reale, di avere tutti i propri pedali montati su una pedaliera, allineati, alimentati e pronti all’uso. Bene, trasferiamo allora i 3-4 pedali di cui sopra su una pedaliera.

Non mi soffermo qui sulle pedaliere, ce ne sono a bizzeffe, sono grosso modo simili e fanno tutte la stessa cosa: supportare i nostri effetti a pedale in maniera stabile, ordinata e facilmente trasportabile. Alcune sono dotate di un alimentatore incorporato, soluzione buona solo se siamo altrettanto stabili nelle nostre scelte in materia di effetti e siamo certi che quell’alimentatore risponderà a lungo alle nostre necessità.


Premessa 1

Quando scegliamo i nostri effetti a pedale, ricordiamoci sempre che i suoni storici, quelli resi famosi da dischi che hanno venduto centinaia di migliaia o milioni di copie, sono quasi sempre frutto di pedali semplici, capostipiti, insomma i “soliti noti”: Ibanez TubeScreamer, Electro-Harmonix Big Muff Pi, Boss DS-1 e CE-1, Shin-ei Uni-Vibe, Dallas-Arbiter Fuzz Face, Wah Wah Vox, MXR Dyna Comp e pochi altri. Di questi effetti, spesso basati su circuiti da manuale di elettronica, esistono infinite repliche e varianti proposte a prezzi concorrenziali dal mercato, al fianco di costosi modelli cosiddetti boutique. Ricordiamocelo quando le sirene del marketing ci attraggono da una parte all’altra del WEB.

Consideriamo inoltre una importantissima differenza: non tutto quello che suona bene in cameretta suona altrettanto bene in saletta o in studio, con batteria, basso e magari pure voce e tastiere. Alla cremosità di medio-basse avvolgenti che apprezziamo nel silenzio del nostro studiolo può essere magari preferibile un suono dritto sulle medio-alte. E ancora, la “spillosità” di un fuzz o un fruscio di troppo si possono perdere tra le frequenze alte della nostra band senza generare fastidio (attenzione: altro è il ronzio, quello sì irrimediabilmente fastidioso!).

Premessa 2

Personalmente sono oggi un chitarrista all’antica, così come per lo stesso identico motivo ero un chitarrista moderno negli Anni ’90: delay e riverbero li collegavo e li collego nel loop effetti dell’amplificatore. Da un punto di vista logico penso infatti che ritardi e ambienti debbano intervenire dopo qualsiasi possibile trattamento timbrico del segnale, come “in natura” e debbano essere forniti da un buon multieffetto con elevate specifiche di trattamento AD/DA (non importa se da pavimento o a rack). Detto questo, quando è necessario, collego i miei delay e riverbero in pedaliera, consapevole che il loro suono sarà “sporcato” dalla preamplificazione a seguire.

Compressore, pedale volume, modulazioni e ambienti... La catena effetti si allunga

I nostri pedali dai 3 iniziali sono aumentati di numero. Ora abbiamo, ad esempio: pedale volume, pedale wah-wah, compressore, overdrive, distorsore (magari per metal), phaser, tremolo/vibrato, chorus, delay, riverbero. Il compressore ha la brutta abitudine di amplificare il rumore proveniente dagli effetti precedenti quindi è solitamente posto in cima alla catena di segnale, ma possiamo anche metterlo dopo il pedale volume. Fermo restando che la sperimentazione è sempre una buona idea, la successione consigliabile di questi effetti è:

  • compressore ► pedale volume ► pedale wah ► overdrive ► distorsore ► phaser

e fin qui siamo nell’ambito di un segnale tempo-lineare, pur se modulato dal phaser.

Dal chorus in poi entriamo nel mondo dei ritardi, dal momento che modulazioni come chorus e flanger implicano l’applicazione di un brevissimo ritardo al segnale in ingresso. Due le soluzioni facili:

  1. modulazioni-delay: le modulazioni sono ripetute dal delay.
    Risultato più clinico e pulito.

  2. delay-modulazioni: le modulazioni sono applicate al delay
    Risultato più denso e pastoso.

Tremolo, vibrato e rotary

C’è un blocco effetti che non rientra esattamente nella precedente descrizione: quello di tremolo, vibrato e, aggiungo, simulazioni di Leslie (analogiche o digitali) legate o meno all’Uni-Vibe. Qualche definizione:

  • tremolo: variazione in volume
  • vibrato: variazione in frequenza o pitch (sì, la Fender ha sempre sbagliato a scrivere ‘Synchronized Tremolo’ sulla paletta della Stratocaster e anche su alcuni amplificatori, ma Leo Fender era un grande tecnico, non un musicista classico, e quindi lo perdoniamo)
  • Leslie o rotary e simili: il famoso amplificatore a motore rotante per gli organi Hammond nacque per simulare la ricchezza timbrica di un organo a canne nell’ambiente riverberante di una chiesa; doveva quindi renderne complesso il suono base con ritardi e modulazioni sia di frequenza che di ampiezza. Questo dovrebbero fare i pedali ispirati al Leslie, dalle emulazioni analogiche alle simulazioni digitali. Non essendo esattamente né chorus né vibrato né eco come li intendiamo oggi, il loro posizionamento va ragionato e scelto sulla base del proprio gusto musicale, ma sicuramente verso la fine della nostra catena di segnale. Fate le vostre prove!


Pedali effetto multipli

Per risparmiare un po’ di spazio e organizzare meglio la pedaliera, c’è la possibilità di utilizzare pedali a doppia funzione o multipla funzione: ad esempio, riverbero+delay o booster+compressore o, ancora, un unico pedale per tutte le modulazioni; alcuni consentono persino il posizionamento in catena dei singoli effetti che offrono in serie o in parallelo. Se non siamo intransigenti su un singolo tipo di effetto, questi pedali multipli possono rappresentare una soluzione molto pratica!

Il tuner

Personalmente mi piace destinare all’accordatore o tuner uno spazio in pedaliera, anche se oggi molti chitarristi preferiscono usare un mini-tuner a contatto montato sulla paletta della chitarra e risparmiare un posto tra i pedali. Ce ne sono tanti modelli, non tutti true-bypass e non tutti con un buon buffer interno. Se andremo a inserire un tuner in pedaliera, scegliamolo con funzione Mute (l’accordatura avviene in silenzio) e true-bypass; posizioniamolo a monte di tutti gli altri pedali oppure subito dopo un effetto con buffer: l’indicazione dell’accordatura potrebbe risultare più stabile. Inutile dirlo: display grande e di luminosità adeguata, ma senza eccedere perché alcuni prodotti risultano davvero accecanti.



Il booster

Un altro elemento importante della nostra catena effetti è il booster, che tratto in coda perché la sua funzione spesso può essere svolta da un overdrive o da un compressore con il livello di guadagno o compressione tenuto al minimo (o su di lì secondo i gusti) e il livello d’uscita più alto dell’unità. In ogni caso il suo posto è prima di tutti gli altri pedali, per evitare di enfatizzare insieme al segnale dello strumento anche il rumore eventualmente generato dai pedali successivi. Un’accoppiata critica può essere quella con il compressore, quindi scegliamo il miglior booster che possiamo permetterci. Alcuni compressori offrono anche un utile riduttore di rumore regolabile. La Nux produce un sorprendente pedale booster/compressore in soluzione unica con routing variabile e i due effetti miscelabili!



Serie, parallelo e altre complicazioni

Esiste una soluzione complessa, ovvero l’inserimento degli effetti che implicano ritardo in un percorso di segnale serie/parallelo, tra l’altro già proposto brillantemente in alcuni pedali dedicati. Vedremo questo argomento in un distinto articolo, trattando anche le pedaliere con loop e qualche questione tecnica da cui, oltre un certo numero di effetti ed esigenze esecutive, non si può prescindere: impedenze di uscita e ingresso, buffer, ancora alimentazione, tipi di bypass e altro.

Fabrizio Dadò

Riferimenti

https://it.wikipedia.org/wiki/Pila_(elettrotecnica...